Agenzia delle Entrate: interpello n.108 del 3/12 sulle note di variazione del concordato preventivo

Agenzia delle Entrate: interpello n.108 del 3/12 sulle note di variazione del concordato preventivo

L’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la risposta a un interpello (il n.108 del 3 dicembre 2021) in cui ci si interrogava sulle note di variazione a seguito di una procedura di concordato preventivo, in questo caso specifico avviata prima dell’entrata in vigore del Decreto Sostegni bis.

Con tale risposta l’Agenzia delle Entrate ha ribadito quanto già specificato in passato dall’Amministrazione finanziaria, affermando che in caso di concordato preventivo (avviato ante Decreto sostegni bis), il quale è una procedura concorsuale, si possa emettere una nota di variazione solo se e quando venga accertata definitivamente l’infruttuosità della procedura. Nella risposta pubblicata è stato anche specificato che è necessario fare riferimento non solo al decreto di omologazione del concordato (che ha il compito di chiudere il concordato ai sensi dell’art. 181 L.F.), ma anche al momento in cui il debitore adempie gli obblighi assunti nel concordato stesso.

Così enuncia il parere dell’Agenzia delle Entrate: «L’articolo 26 del decreto IVA, come da ultimo modificato dall’articolo 18, comma 1, lettera a), del decreto-legge 25 maggio 2021, n. 73, convertito con modificazioni dalla legge 23 luglio 2021, n. 106, dispone al comma 2 che “se un’operazione per la quale sia stata emessa fattura, successivamente alla registrazione di cui agli articoli 23 e 24, viene meno in tutto o in parte, o se ne riduce l’ammontare imponibile, in conseguenza di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili o in conseguenza dell'applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, il cedente del bene o prestatore del servizio ha diritto di portare in detrazione ai sensi dell’articolo 19 l’imposta corrispondente alla variazione, registrandola a norma dell’articolo 25”».

La disposizione del citato comma 2 è inoltre ribadita nel comma 3-bis anche in quei casi in cui vi sia il mancato pagamento del corrispettivo, in tutto o in parte, da parte del cessionario o committente:

  • a partire o dalla data in cui quest’ultimo è assoggettato a una procedura concorsuale, o dalla data del decreto che omologa un accordo di ristrutturazione dei debiti, o dalla data di pubblicazione nel registro delle imprese di un piano attestato;
  • a causa di procedure esecutive individuali rimaste infruttuose.

Tali disposizioni presenti nell’articolo 26, comma 3-bis, sono tuttavia applicabili, per effetto di quanto disposto dal comma 2 del citato articolo 18 del decreto-legge n. 73, solo alle procedure concorsuali avviate successivamente alla data di entrata in vigore del citato decreto.

Per i concordati preventivi che siano invece stati avviati in data antecedente si applicano, invece, i chiarimenti che ormai la prassi ha reso più volte noti, con cui è stato specificato che, nel caso di un concordato preventivo, essendo esso una procedura concorsuale, la nota di variazione può essere emessa solo quando è definitivamente accertata l'infruttuosità della procedura.

Volendo poi individuare quando precisamente tale circostanza si verifichi, ci si può avvalere dei chiarimenti precedentemente forniti con la circolare n. 77/E del 17/4/2000, la quale precisa che occorre riferirsi non solo al decreto di omologazione del concordato, ma anche al momento in cui il debitore adempie gli obblighi assunti nel concordato stesso.

Dunque, laddove vi fosse un mancato adempimento, ovvero in conseguenza di un comportamento doloso, e venga poi dichiarato il fallimento del debitore, la rettifica in diminuzione può essere eseguita, solo dopo che il piano di ripartizione dell’attivo sia divenuto definitivo oppure, in assenza di un piano, solo dopo la scadenza del termine per il reclamo avverso il decreto di chiusura del fallimento.

Per quanto riguarda, invece, la corretta modalità di emissione delle note di variazione (nel caso di procedure infruttuose) è stato evidenziato che la variazione in diminuzione deve essere rappresentativa da un lato della riduzione dell’imponibile e dall’altro della relativa imposta. Una nota di variazione che tenga conto della sola imposta non riscossa andrebbe a scindere l’indissolubile collegamento esistente tra imposta e operazione imponibile, con la paradossale conseguenza che, a fronte di un’operazione imponibile per la quale è stato interamente riscosso il corrispettivo, l’Erario non incasserebbe alcuna imposta sul valore aggiunto.

Concludendo l’Agenzia ha ribadito il principio secondo cui il mancato pagamento a causa di procedure concorsuali deve essere, sempre, riferito all’operazione originaria nel suo complesso e, dunque, non è possibile emettere nota di variazione per il recupero della sola imposta.

Avv. Nicola Bruno